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NEMI domenica 30 agosto 2020
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Storia delle navi romane (e del loro ritrovamento da sogno) a Nemi
di
Valentina Leone
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Non è datata la notizia di avvio della missione di ritrovamento della terza nave di Nemi, che secondo le ipotesi sarebbe appartenuta al pari delle altre all’imperatore della dinastia giulio-claudia, intrapresa sulla scorta di alcune fonti e dati, ma più probabilmente dettata dall’esigenza di colmare il vuoto lasciato dalla conflagrazione avvenuta durante il secondo conflitto mondiale. Ad essere individuate nel lago grazie alle ricerche condotte con mezzi sofisticati, forniti dall’Arpacal (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Calabria) in cooperazione con altri enti, sono state finora solo delle carcasse di auto, non molto rassicuranti, insieme a una piccola barca risalente alla prima metà del Novecento, in qualche modo reperti archeologici anche questi sebbene non dell’entità sperata. Forse la leggendaria terza nave, come ha ipotizzato il responsabile delle ricerche, l’architetto di Genzano Giuliano Di Benedetti, recentemente scomparso, è rimasta nascosta ai potenti strumenti tecnologici, coperta dallo stesso massiccio strato di limo dove un tempo erano adagiate anche le due navi accertate. L’emergenza di diversi reperti archeologici di età romana avevano portato, già in pieno XV secolo, a tentativi di recupero delle navi, commissionati nel 1446 dal cardinale Prospero Colonna a Leon Battista Alberti, che provò ad arpionare i legni, recuperando solo delle tubature in piombo con incise il nome del proprietario. Solo nel 1895, in seguito a numerose altre prove andate fallite, l’antiquario Eliseo Borghi rinvenne alcuni bronzi e trovò le tracce sul fondale di due scafi, a poco più di 200 metri dalla riva settentrionale del lago, correggendo l’opinione pregressa riguardo l’esistenza di una sola nave. |
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